Per vie lineari

Treno da Milano a Padova, 21 febbraio 2019

Siamo seduti a fianco, lui minuto, formale, uno di quelli che vuole sembrare un po’ più vecchio di quanto sia, forse per sentirsi più importante. 
Sorriso trascinato ed occhi agili. Da uccello, come le sue movenze.
Appoggia sul tavolo The game di Baricco.
– Baricco (gli dico)…
– Eh, lo so (lui, con aria sofferente)
– Capisco
– …
– Però…
– Certo

– Anche secondo me è uno stronzo

– E’ che…
– Lo so 
– Esatto
– Un po come Houllebecq…
– Si, il solito odi et amo di chi vuol piacere agli altri proprio perché gode a stargli sul cazzo 

Poi silenzio fino a Brescia.

Sta per scendere, mi saluta calorosamente 
– Rivediamoci presto (su questo treno)
– Volentieri, avvocato
– Si vede che sono un avvocato?
– Alla prossima… 

Per vie lineari

Grazie a Roberto Clemente, amico ed artista unico.

Dopo 30 anni (trenta) rimetto piede in una palestra con pesi e macchine. Spogliatoio, rituali, odori, parole intuite. Alessandro – che come età potrebbe essere mio figlio, studia ingegneria chimica, ed è estremamente garbato – mi spiega che è importante fare un uso equilibrato e consapevole del proprio corpo. È molto preciso e rassicurante. In testa mi ronza Poetica (Cremonini) e Tutti i miei sbagli (Subsonica). Mi conforta pensare che ci siano seconde vite, opzioni sottovalutate. Una coperta troppo bagnata che si riduce a fibra, alghe, fondi marini essenziali. È tutto quel che sembra. Come è.


Giovanni Battista (GB) Rama, nato a Tregnago il 27 agosto 1948. Architetto, disegnatore, esteta, pigro, imprevedibile, geniale, scostante.

La madre Carmela, il padre un “industriale” ligure (non ricordo il cognome, ne’ di dove). La madre la domestica della casa di vacanza di lui in val d’Illasi. Di quest’uomo, che non ha poi “riconosciuto” GB. Lo ha cercato negli anni, ma non voluto. In simmetria. 

Dell’infanzia di GB: la nonna lo ha cresciuto (la madre lo ha odiato nella sua pazzia più suicida), il geometra Lerco che gli ha insegnato a guidare – ancora bambino -, le donne che ha amato e da cui sono certo abbia ricevuto amore. Le amava, e sapeva farsi amare (come ha sinceramente amato mia madre). 

Ho saputo questo di lui da una persona che ha voluto molto bene anche a me. 

Di lei non so più nulla. L’ho conosciuta in un palazzo che lui aveva progettato. 

Gli ho chiesto, a GB, di stare vicino a mia madre, quando lui aveva scelto di staccarsene. E’ stata l’unica volta che mi ha dato retta. 

Ma so che, a modo suo, mi ha voluto bene. Se n’e’ andato nel maggio del 1993. Il 27 agosto avrebbe compiuto 69 anni. 

Intenso, le sue mani meravigliose, labbra ben disegnate, i pensieri in turbolente linearità. Sarebbe. Lo e’ per me.

Come dice Andrew Lo, ed io sottoscrivo “man mano che crescono, gli enfants terribles non potranno che essere sempre piu terribili”. Nel bene e nel male. Nella naturale prosecuzione di se’ e delle immagini con cui corteggiano la propria anima.

7 marzo 1995. Un paio di Tennent’s con Francesca B., parecchie Dunhill’s rosse, l’alano grigio che sonnecchiava sotto il flipper. Quasi due ore per la messa in piega, i capelli che mi arrivavano a meta’ schiena.

8 marzo 1995. Al mattino presto il cielo blu notte e grigio scuro, portava frammenti di neve. Ad ora di pranzo caldo agostano e sole intemperante. Blazer navy, regimental panna, rosa antico ed azzurro pallido, i pochi e fondamentali amici con me, mia madre spaesata. Il mio relatore, Lorenzo P., mi ha condotto per mano sulle poche cose che sapevo raccontare meglio. 

Qualche mese dopo ho tagliato i capelli, ho continuato a rasare alla perfezione il mio viso.

Era tutto vero, e’ accaduto. Importante. Così vicino che sembra lontano. 

Il gioco (dettaglio), Daniele Nalin